Cresce l’attesa per la terza edizione del Festival delle Parrocchie che si terrà al Teatro Metropolitan di Catania venerdì 25 ottobre 2024 alle ore 21:00.
La manifestazione, organizzata dall’associazione Atacanì con la collaborazione di Missione Chiesa-Mondo e la benedizione della Diocesi di Catania, porterà in scena gruppi di ragazzi di alcuni oratori e parrocchie che si esibiranno con balli e canti, ispirati dal tema di quest’anno: “Speranza che Unisce, Bellezza che Emoziona”.
Lo spettacolo sarà presentato sul palco da Salvo La Rosa. Diversi ospiti d’eccezione arricchiranno la serata. Parte del Festival sarà trasmessa sulle frequenze di Radio Studio Italia.
Preziosa la testimonianza, relativamente all’argomento all’edizione di quest’anno del Festival delle Parrocchie delle suore di clausura Benedettine del SS. Sacramento di Catania, a cui abbiamo rivolto una domanda tanto semplice nel porgerla quanto complessa nella risposta (la riportiamo per intero):
D.: Cosa significa vivere la bellezza e la speranza in clausura?
R.: “È significativo che coloro che hanno posto questa domanda sentano risuonare, nella loro percezione della realtà claustrale, parole così positive e luminose: bellezza e speranza. Se è così, c’è da gioire, perché è corrispondente a quanto noi monache di clausura viviamo e sperimentiamo con l’aiuto del Signore pur con i nostri limiti e fragilità. Anzi, dall’opacità che a volte può caratterizzare la nostra dimensione creaturale, risplende ancora più fulgida la luce della Grazia che ci abita e ci trasfigura. Un dono di bellezza che va al di là di possibili e inevitabili stanchezze quotidiane, come ogni uomo e donna sperimentano. Anche noi facciamo i conti con i nostri difetti e persino peccati, eppure la speranza ci apre sempre il cuore perché il miracolo dell’amore di Dio si rinnova continuamente.
Facciamo sempre esperienza della bellezza perché siamo quotidianamente a contatto con il fascino della liturgia che si arricchisce del canto e della musica, quella artistica della nostra chiesa, la bellezza dei fiori e piante del nostro piccolo giardino, della casa abbellita anche con centrini e ricami che facciamo…
La bellezza esteriore richiama soprattutto quella interiore. La clausura è bella perché l’abbiamo abbracciata con gioia e trasporto quando abbiamo risposto alla vocazione alla quale ci siamo sentite chiamate per gratuita iniziativa divina. All’inizio tutto questo poteva incuterci un po’ di timore perché si trattava di una realtà nuova, sconosciuta, inusuale nel nostro precedente modo di vivere, ma ci siamo fidate di Colui che ha suscitato in noi questa attrattiva proprio perché la bellezza seduce. Non si tratta di una fuga dalle responsabilità allontanandosi da tutti e da tutto, ma è un abbracciare il mondo con le sue ansie e le sue speranze. Non è chiusura ma è apertura, non limitazione bensì potenziamento dell’essere; è via che porta alla libertà dai falsi idoli quali possono essere quelli dell’apparenza e dell’avere. E questo mette pace dentro, alleggerisce il passo, dilata il cuore. La clausura è bella perché è uno spazio dell’anima prima che un recinto che solo apparentemente limita i movimenti; essa ci aiuta a custodire il silenzio, tanto necessario per la preghiera e la giusta conoscenza di sé, e a coltivare l’intimità con Dio per stare davanti alla sua maestà a nome nostro, della Chiesa, di quanti chiedono la nostra vicinanza spirituale. La clausura, proprio perché presuppone la speranza, è come una finestra aperta dalla quale è possibile contemplare la bellezza dei doni infiniti del Padre che ha creato l’universo e l’umanità come ‘cosa molto buona’ (Gn 1). Pertanto, il nostro colloquio d’amore con Lui è sostanzialmente un ringraziare, un lodare, un rimanere capaci di stupirci ancora per le meraviglie che Lui compie nella nostra e altrui vita.
Per ammirare un panorama o un’opera d’arte, per coglierli nella loro interezza di forme, linee, colori, sfumature, bisogna distanziarsene un poco per gustarli appieno, così facciamo noi: non ci allontaniamo dal mondo per un senso di rifiuto, di condanna, di elusione, ma per guardarlo, come una sera era capitato a san Benedetto dall’alto del suo monastero, ‘raccolto come sotto un unico raggio di sole’. È la visione interiore che fa la differenza e che non vuol dire qualcosa di astratto, ma di ancor più intenso, penetrante.
La clausura che si nutre di speranza è come il cuore della Vergine Maria, quel cuore nel quale solo una Mamma poteva conservare e custodire quello che riguardava suo Figlio, anche quando molto rimaneva incomprensibile, persino assurdo. Ecco perché non sembri poesia quanto detto finora. Ci sono momenti duri, attraversati da contraddizioni, ma non a tal punto da offuscare la bellezza che c’è e che rimanda al Bello per eccellenza. Nessuno stato di vita – religioso, coniugale ecc. – è una favola, ma proprio perché è realtà e non finzione, esso è bello perché è tutto da vivere con entusiasmo e ottimismo, con i piedi piantati in terra che è sguardo rivolto al Cielo – ecco la speranza! – e la certezza di una promessa: ‘Io sono con voi sino alla fine dei tempi’ (Mt 28,20).
Il sì pronunciato il giorno della nostra professione monastica, e che si rinnova momento per momento, è fondato sulla roccia della Parola di Dio che mai viene meno, sull’Eucaristia che nutre e da’ forza, sull’intercessione della Madonna e dei Santi. Il nostro ‘per sempre’ che potrebbe far paura in una cultura dell’effimero, del tutto e subito e di breve durata, è reso possibile dalla fedeltà di Dio che lo rende sicuro e stabile. Inoltre non siamo sole nel nostro cammino: la comunità ci sostiene, le sorelle camminano con noi anche quando può capitare di non capirsi, la Madre superiora ci consiglia e ci sprona, e ancora tante persone, sacerdoti, amici ci sono vicini e ci stimolano con il loro affetto e il loro buon esempio di veri cristiani… davvero tutto è grazia e quindi tutto è bello.
L’augurio che rivolgiamo soprattutto ai giovani, è quello di camminare sulle orme del Vangelo per essere segno vivo e convincente di una bellezza possibile, già qui e adesso”.
Intervista di Gianluca Virgillito, giornalista