Dal 3 al 7 luglio si è svolta a Trieste la 50ª Settimana Sociale dei cattolici in Italia dal titolo “Al cuore della democrazia: partecipare tra Storia e Futuro”.
Sin dal 1907 le Settimane Sociali sono un appuntamento pluriennale in cui i cattolici italiani riflettono, discutono e si confrontano, a partire dal Vangelo e dalla Dottrina Sociale della Chiesa, su questioni sociali che la Storia, di volta in volta, pone alla loro attenzione, allo scopo di individuare linee di azione che guidino il loro impegno nel mondo del lavoro, dell’associazionismo, della politica, dell’economia.
Significativamente quest’anno è stato scelto il tema della democrazia, in un momento storico in cui quest’ultima sembra attraversare un periodo di crisi in tutto il mondo occidentale.
Da una parte, infatti, si nota una continua diminuzione della partecipazione alle elezioni, dall’altra si assiste all’emergere di populismi, radicalismi, se non addirittura all’affermarsi in alcuni Paesi (vedi l’Ungheria) di modelli di cosiddetta “democrazia illiberale”, i cui leader contestano apertamente la democrazia fondata sullo Stato di diritto.
La democrazia è in crisi principalmente perché negli ultimi anni non è riuscita a dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini, lasciando indietro molti. Una buona parte della popolazione degli Stati percepisce la democrazia come inefficiente, eccessivamente lenta nel prendere le decisioni e inutilmente conflittuale, generando un sentimento di rassegnazione che porta la gente o a non votare o a scegliere populismi o estremismi. Questi ultimi, poi, sono preferiti perché, dopo aver fatto leva sulle paure delle persone, promettono ordine e sicurezza, oppure perché forniscono risposte semplici, e dunque più comprensibili (ma di fatto false), a problemi complessi che richiedono ben altri ragionamenti.
La democrazia rischia così di trasformarsi in autoritarismo, in cui si preferisce delegare a una sola persona, oppure ad una sola parte, il compito di prendere le decisioni, aggirando o ridimensionando il peso dei Parlamenti e in generale di tutti i corpi intermedi (partiti, sindacati, associazioni, ecc.) che svolgono un ruolo essenziale di mediazione degli interessi.
A Trieste, dopo aver preso consapevolezza delle difficoltà che vive la democrazia, i delegati delle realtà ecclesiali presenti in Italia, non hanno fatto vittimismo, non si sono pianti addosso, ma con la gioia di ritrovarsi insieme, di riscoprirsi popolo e con la speranza che viene dal Vangelo, si sono dati da fare nel cercare soluzioni concrete, per ridare vitalità alla democrazia, sottolineando l’importanza delle sue procedure, fondamentali per la libertà, e contemporaneamente il suo sistema di valori.
I delegati e tutti coloro che hanno partecipato alla Settimana Sociale hanno riscoperto nella fede e nella Dottrina Sociale della Chiesa le ragioni del loro impegno per il miglioramento della società. E come, in un altro periodo storico delicato, come quello della nascita della Repubblica, i cattolici con i loro valori diedero un contributo fondamentale nella stesura della Costituzione, così ancora oggi essi sono chiamati a partecipare attivamente per difendere e proteggere la democrazia.
A Trieste i cattolici, nel proporre nuove forme di partecipazione, non sono partiti dal nulla, hanno, piuttosto, messo in comune le buone prassi, già vissute e realizzate nelle singole realtà ecclesiali, e le hanno messe in rete, con lo scopo di diffonderle nella Chiesa e nella società. Consapevoli della carenza dei luoghi dell’incontro nelle nostre città, sostituiti ormai dai luoghi del consumo, i delegati, ma anche tutti coloro che si sono voluti spontaneamente unire, hanno sperimentato le “piazze della democrazia” in tutta la città, spazi in cui si è dialogato, si è scelto di confrontarsi a partire da problemi concreti, evitando le partigianerie, per trovare soluzioni condivise alla luce dei comuni valori.
Da dove ripartire allora? Il Vangelo e la Dottrina Sociale della Chiesa ci indicano, ancora una volta, che occorre ripartire dalla persona e principalmente dai più fragili, dagli ultimi, per una democrazia che sia sempre più inclusiva e sostanziale cioè, partecipata da tutti.
Occorre reimparare l’alfabeto della democrazia, compito necessario di ogni generazione, e, soprattutto, occorre ripartire a dialogare nelle associazioni, nei movimenti, nei sindacati, nelle Istituzioni. I cattolici possono dare un contributo importante in quanto “esperti del dialogo”, che non è privo di conflitto, ma un conflitto è salutare quando il fine ultimo è, per tutte le parti, il bene comune.
Allora non resta che rimboccarsi le maniche e partecipare, per essere lievito nella società e nella politica. Trieste ha dato la motivazione, ma anche gli strumenti e le idee per una nuova partecipazione attiva, concreta e unitaria.
Scritto da Prof. Antonio Acquaviva, MCM