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Costruttori di un futuro di speranza

Giovani, famiglie e scuola si sono raccontati durante la Tavola rotonda “Costruiamo un futuro di Speranza” organizzata dall’Ufficio Dispersione Scolastica, dall’Ufficio Pastorale Familiare e dalla Famiglia Ecclesiale Missione Chiesa-Mondo venerdì 19 aprile nell’Aula Magna del Monastero dei Benedettini di Catania.
L’incontro ha preso l’avvio con i saluti di Lidia Curcio, responsabile della FEMCM, e con l’invito di Mons. Genchi, vicario episcopale, ad avere il coraggio di raccontare e la disponibilità di ascoltare.

“Ma perché nessuno mi ascolta?”

I primi a raccontarsi sono stati i giovani di Giovani Hub che in un breve video, presentato da    Michael Militello, hanno raccolto le loro esigenze, ovvero essere ascoltati, essere resi partecipi delle decisioni che li riguardano. Hanno raccontato dell’ansia da prestazione e della spinta verso la competitività che avvertono sia a scuola che in famiglia. Sentono che se non raggiungono determinati traguardi, la società li escluderà.

“I figli hanno il loro alfabeto”.

Portavoce delle famiglie sono stati Luca e Simona Bonifacio, co-direttori dell’Ufficio Pastorale Familiare. Genitori di tre figli, hanno raccontato le difficoltà a trovare il tempo di ascoltare le richieste dei loro figli. Hanno raccontato di come si sono resi conto che un loro figlio appariva svogliato e non volesse più andare a scuola. Hanno chiesto alle maestre le quali hanno risposto che lui viveva nel suo mondo. Da genitori attenti, sono andati avanti nel chiedersi cosa stesse accadendo e, dopo aver fatto fare alcuni test, hanno avuto la risposta: il ragazzino soffre di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Non appena sono state attuate a scuola e a casa tutte le misure necessarie, ha ritrovato la voglia di andare a scuola e il suo apprendimento è molto migliorato. Luca e Simona hanno testimoniato che quando i genitori trovano il modo di stare accanto ai figli nonostante tutto, di tradurre i messaggi che i ragazzi mandano in vari modi, riescono ad aiutarli a crescere nell’autostima e non solo.

“Voi ragazzi siete tutti da 10!”
“Il primo giorno di scuola dico ai miei alunni, che non conosco, che loro partono tutti dal 10. Sarà loro cura mantenerlo”, così ha esordito la professoressa Mariella Chiantello, docente di scuola secondaria di primo grado. Dopo ha raccontato del suo alunno con i vestiti un po’ sporchi e con il corredo scolastico carente, dei suoi alunni che entrano in ritardo o peggio ancora che non vengono proprio a scuola perché “mamma stamattina non si è alzata dal letto” e il papà non si sa dove sia. Li chiama i suoi ragazzi sperduti, e sono quelli a rischio dispersione. Purtroppo, anche i docenti si perdono, incontrano molte difficoltà, non sempre hanno gli strumenti per garantire il successo scolastico a tutti. Non bisogna dimenticare che l’azione scolastica si ferma sulla porta della casa di ogni alunno e oggi, molto più di ieri, il patto educativo famiglia-scuola è in crisi. La prof. Mariella Chiantello, nella sua pluriennale esperienza, ha compreso come la strada migliore da percorrere sia quella dell’ascolto dei “suoi ragazzi”, che nei nove mesi dell’anno scolastico “porta in grembo” e cura come figli suoi, riconoscendo l’unicità di ognuno di loro.

“Ma è l’amore!”
“Ore 7.45, in macchina nel traffico palermitano in direzione della scuola delle mie figlie, mi fermo ad un attraversamento pedonale davanti ad una scuola primaria ed assisto alla seguente scena: c’è una mamma con due figlie, si abbracciano e si baciano come se dovessero separarsi per mesi, finalmente le bambine iniziano ad attraversare. La prima raggiunge il marciapiede opposto, la seconda a pochi passi dal “traguardo”, si volta e corre indietro verso la mamma. Io, che mi ero appena rimessa in marcia, inchiodo e guardo la madre, sperando nella sua complicità e auspicando un rimprovero. Lei, invece, mi urla “ma è l’amore!”. Ha così esordito la prof.ssa Giuseppina D’Addelfio, professore ordinario di Scienze Psicologiche, Pedagogiche, dell’Esercizio Fisico e della Formazione presso l’Università di Palermo, che ha avuto il compito di “formalizzare” i messaggi provenienti dalle narrazioni e provare a fornire delle chiavi di lettura e spunti di riflessione. La professoressa ha immediatamente ricordato la necessità di costruire alleanze educative tra genitori, tra genitori e scuola e parrocchia. Quindi ha delineato la figura dell’educatore, inteso come genitore o docente che ha il compito di consegnare, non di trasmettere, i valori e il sapere. Ogni individuo, secondo lo psicologo Maslow, ha dei bisogni che possono essere raccolti in 5 categorie: i bisogni fisiologici, come mangiare, bere e dormire; quelli relativi alla sicurezza; i bisogni sociali, che includono i desideri di relazioni e di appartenenza; i bisogni di stimolazione, come la soddisfazione della curiosità e la necessità di crescere e di migliorare e per ultimo troviamo i bisogni di realizzazione. A questi, negli ultimi decenni con la globalizzazione e la pubblicità si sono aggiunti i bisogni indotti, legati al possesso di oggetti che una volta appagati generano una soddisfazione temporanea.

La prof.ssa D’Addelfio ha introdotto il codice materno e il codice paterno, il primo è legato al riconoscimento, all’affettività e al contatto. Il codice paterno rappresenta il riconoscere l’altro, la norma l’etica e il controllo. I ragazzi hanno bisogno non solo di chi li ascolta ma anche di chi pone loro dei limiti e li guidi, spiegando loro come non tutte le esperienze siano educative. Gli educatori devono trovare il giusto bilanciamento tra controllo e affettività, devono essere autorevoli ed empatici, e non giustificare tutto con “ma è l’amore!”.

Se da un lato abbiamo famiglie che hanno atteggiamenti permissivo-trascuranti, dove i figli crescono da soli, non ascoltati, non curati, dall’altro lato abbiamo famiglie totalmente permissive-affettive, create attorno al “figlio del desiderio”, che diventa indiscusso sovrano. I genitori sono delle figure sfumate sullo sfondo, ma “Il bambino adorato è un bambino non rispettato nella sua verità, non aiutato a crescere, privato di ciò di cui ha davvero bisogno”. Inoltre, su questo bambino desiderato finiscono per pesare come macigni le aspettative dei suoi genitori e della società, generando quell’ansia di cui parlavano i giovani di Hub Giovani nel loro video.

L’auspicio, con cui ha concluso il suo intervento la prof.ssa D’Addelfio, è che ognuno di noi possa trovare il tempo per costruire Relazioni.

Ludovica Oliveri, MCM, foto di Giovanni Rondine e Salvo Agnello

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